I documenti del Comitato centrale

 

Comitato Centrale Fiom 20-21 novembre 2003

 

Linee guida della Fiom per contrastare la Legge 30 e la destrutturazione del mercato del lavoro

 

Premessa

Con il Decreto 276, che rende operativa in 84 articoli la Legge 30, che si aggiunge al precedente Decreto 368 che liberalizza totalmente i contratti a termine si definisce quello che è stato definito come il sistema più flessibile del mondo occidentale. Se a questo si aggiunge il Decreto Legge 66 che flessibilizza tutti gli orari di lavoro, si comprende come tutta la condizione di lavoro corra il rischio di essere sottoposta all’assoluto arbitrio dell’impresa.

La Fiom con queste linee guida intende confermare la propria totale opposizione a questa legislazione e l’impegno politico a ottenere che essa venga prima o poi abrogata. Di fronte alla messa in opera di questa legislazione la Fiom è impegnata in un’azione di contrasto sindacale, articolato su vari strumenti, da quelli della contrattazione alle iniziative legali, con lo scopo di rendere inoperante questa legislazione o perlomeno di rendere impraticabili le sue parti più lesive dei diritti dei lavoratori.

Iniziative contrattuali più generali

1 –    La rivendicazione dei pre-contratti costituisce uno strumento fondamentale per porre limiti alla legge. La richiesta di ultrattività del Contratto del ’99, come hanno ben compreso le associazioni degli industriali, pone un freno a tutte le forme di destrutturazione del mercato del lavoro e tutela l’orario settimanale di lavoro. Per questo la prima condizione per realizzare i nostri obiettivi alternativi a quelli definiti dalla legislazione del Governo, consiste nell’ottenere nelle aziende la ultrattività del Contratto del ’99, in particolare per ciò che riguarda i contratti atipici, gli appalti, l’orario di lavoro. Ottenere questo in un’azienda di per sé non garantisce dall’utilizzo di alcuni degli strumenti della Legge 30, ma pone comunque un freno ad essi. In particolare è indispensabile ottenere nelle aziende una clausola che impegni l’impresa a concordare con la Rsu ogni applicazione della nuova legislazione.

2 –    La discussione sul mercato del lavoro, nelle imprese è prima di tutto un confronto sugli organici e sull’organizzazione del lavoro. Occorre definire procedure precise con le quali le Rsu devono essere preventivamente chiamate a discutere i programmi di assunzione, le strategie di occupazione, la formazione professionale e tutte le forme di lavoro precario. Allo stesso modo le Rsu devono avere il potere di intervento e di verifica preventiva rispetto alla conferma a tempo indeterminato dei lavoratori precari.

         Occorre quindi definire veri e propri protocolli sull’accordo, a livello aziendale, che affidino alle Rsu il potere di controllo sul mercato del lavoro aziendale.Vanno respinti: le differenziazioni normative e salariali a danno dei nuovi assunti, il salario d’ingresso, i doppi regimi normativi.

3 –    Occorre definire una percentuale massima per tutte le attività svolte con contratti non a tempo indeterminato. Nell’accordo Ilva si è definito il 16%, partendo però da una situazione molto più elevata che doveva essere regolamentata. Si può pensare  a una percentuale variabile tra il 10 e il 16%, a seconda delle aziende e della struttura della loro occupazione. L’obiettivo della percentuale è quello di ridurre l’area dei lavoratori con contratto precario.

4 –    Come ottenuto in molti pre-contratti, bisogna rivendicare un tempo massimo di durata dei contratti precari, oltre il quale c’è l’assunzione a tempo indeterminato. Bisogna puntare alla conferma di tutti i contratti di apprendistato e di inserimento, salvo giustificato motivo per la loro conclusione negativa.

5 –    Occorre un intervento finalizzato allo sviluppo della formazione, che per gli apprendisti non può essere solo aziendale e che, in ogni caso, deve essere quantificata. Sulla questione della formazione professionale la Fiom definirà un’ulteriore specifica piattaforma, tenendo conto delle indicazioni confederali.

6 –    Va sviluppata ovunque sia necessario la contrattazione di sito. Tutte le imprese che concorrono alla stessa sede produttiva debbono essere unificate sul piano dei diritti e delle tutele.

 

Linee guida rispetto all’applicazione del Decreto 276 (Legge 30) e del Decreto 368 (contratti a termine)

1 –    La Fiom conferma la sua totale opposizione all’utilizzo degli Enti Bilaterali per la certificazione e la validazione dei rapporti di lavoro precari. Questo comporta il rifiuto da parte della Fiom di partecipare ad enti che abbiano questa funzione. Tale rifiuto non ha solo valore politico, ma comporta anche la conseguente scelta dell’impugnazione per via di legge di ogni rapporto di lavoro certificato che sia contestabile.

2 –    La Fiom si oppone all’interpretazione estensiva che la legislazione dà sulle possibilità di appalto e terziarizzazione. Ferma restando la normativa del Contratto del ’99, occorre ribadire il concetto che possono essere accettate solo terziarizzazioni di attività che abbiano un’autonomia funzionale preesistente e che, per quanto riguarda gli appalti, occorre mantenere tutti i principi di parità di trattamento e di responsabilità dell’azienda appaltante, precedentemente conquistati.

3 –    Per quanto riguarda i comandi distacchi e i trasferimenti, devono valere l’obbligo di accordo con la Rsu, il mantenimento dell’assoluta parità delle condizioni, il riconoscimento delle professionalità.

4 –    Va respinta l’introduzione nelle aziende dello staff leasing, cioè del lavoro interinale senza scadenza. Questi rapporti di lavoro vanno sostituiti con assunzioni a tempo indeterminato o anche con assunzioni a termine con lo sbocco verso il tempo indeterminato.

5 –    Va respinta l’applicazione delle varie forme di lavoro a chiamata. Tali rapporti di lavoro vanno sostituiti con la contrattazione degli organici, degli orari, dell’organizzazione del lavoro e delle assunzioni con strumenti alternativi ad essi.

6 –    Per quanto riguarda i contratti a termine va esclusa ogni quota esente dalle percentuali definite in azienda. Tutti i contratti a termine, anche quelli inferiori a 7 mesi, concorrono a formare la percentuale massima aziendale di lavoro precario. Vanno confermate le casistiche del Contratto del ’99 e va confermato il principio della conferma a tempo indeterminato, dopo un tempo massimo o a conclusione del secondo contratto.

7 –    Per quanto riguarda il part-time va riaffermato il principio che il lavoratore non può essere costretto a orari che ne impediscano la possibilità di studio, del lavoro di cura o di altre attività retribuite, né può essere unilateralmente modificato dall’azienda l’orario concordato con il lavoratore. Occorre predisporre un’iniziativa di tutela legale che giunga fino all’obiezione di costituzionalità rispetto a forme di part-time nelle quali non ci sia più nessuna certezza, né condivisione, nell’orario del lavoratore. Va riaffermato il principio del “divieto di invasività” dell’organizzazione del lavoro sulla vita del lavoratore e quello del diritto del lavoratore all’equa retribuzione.

8 –    Per l’apprendistato va affermato con rigore il principio della formazione esterna, va verificata la congruenza degli anni di apprendistato con l’effettiva mansione svolta, va rivendicata la conferma, salvo verifica negativa e giustificato motivo, dell’apprendista.

9 –    Sui contratti di inserimento, va applicata sostanzialmente la normativa che precedentemente definiva i contratti di formazione lavoro, che da quei contratti sono sostituiti. Occorre dunque definire un inquadramento inferiore solo di un livello, e non di due, a quello di sbocco, vanno definiti e quantificati i programmi di formazione retribuita, va garantito il controllo delle Rsu ai fini della conferma.

10 – Per quanto riguarda il lavoro a progetto e tutte le forme di rapporto di lavoro non dipendente, occorre definire un quadro di regolamentazione e controllo che abbia lo scopo da un lato di trasformare tutti i finti rapporti di lavoro autonomo in lavoro dipendente, dall’altro di garantire a rapporti di lavoro effettivamente autonomi e legati a specifici obiettivi l’assoluta parità dei diritti. Su questa materia vanno utilizzate anche le proposte di legge della Cgil, che possono essere trasformate in strumenti rivendicativi. Bisogna superare la posizione della Federmeccanica e delle imprese che rifiutano di trattare con le Rsu e con le organizzazioni sindacali rapporti di lavoro che non siano di lavoro subordinato e dipendente. Tutta l’organizzazione del lavoro dell’impresa, in tutte le sue forme, deve essere riportata sotto la contrattazione gestita dalle Rsu.

La Fiom ritiene che la pratica contrattuale diffusa e rigorosa su queste basi possa cominciare a mettere in discussione gli aspetti più nefasti della Legge 30 e della legislazione sul lavoro. Nello stesso tempo occorre respingere il condizionamento che si esercita sulla contrattazione da parte delle procedure previste dalla stessa Legge 30. La legge, infatti, pone la contrattazione sotto tutela, proclamando che, nel caso di mancato accordo sull’applicazione di uno degli strumenti, sarà il Governo a intervenire con la sua regolamentazione. Proprio perché la Fiom considera inaccettabile la legge, questo condizionamento va respinto. Se ci sono accordi effettivamente in grado di intervenire sulla legge, essi vanno praticati, altrimenti occorre rischiare anche l’intervento del Governo, che rappresenterà un’ulteriore delegittimazione della legge.

La Fiom infatti respinge ogni linea di accompagnamento o di accettazione del fatto compiuto rispetto all’attuale legislazione del lavoro. L’obiettivo di fondo dell’organizzazione è quello di cancellare tale legislazione e quindi la contrattazione ha lo scopo di tutelare i lavoratori da essa e di impedirne sostanzialmente l’applicazione.

 

Roma, 21 novembre 2003

 

Approvato dal Comitato centrale con 2 astenuti