Lo strappo della Fim: sì al piano Bono. A
settembre
la Fiom
lancia la campagna contro la privatizzazione e la quotazione in Borsa
1.
Privatizzazione e quotazione
in Borsa.
La Fim-Cisl
ha diffuso ieri un
documento del suo Coordinamento nazionale in cui abbandona definitivamente
le precedenti posizioni unitarie e si schiera a sostegno del piano di
Bono, dicendo sì alla quotazione in Borsa di Fincantieri.
Forse per tranquillizzare i lavoratori,
la Fim
cerca di distinguere tra la privatizzazione, cui si dice contraria, e la
quotazione in Borsa, cui è favorevole. Ma questa distinzione è
impossibile. Tra privatizzazione e quotazione in Borsa c’è un nesso
inscindibile: la vendita sul mercato finanziario della maggioranza del
pacchetto azionario (almeno il 70 per cento) di Fincantieri altro non è
che il modo per privatizzare la società.
A quel punto
la Fincantieri
sarà una società scalabile e, dopo la recente abolizione della golden share, anche il fatto che una quota possa restare in mano
pubblica non garantisce assolutamente nulla. Oggi Fincantieri è libera di
affrontare il mercato e le sue sfide con le sue capacità industriali.
Domani – se quotata in Borsa – dovrà rispondere alle continue
richieste del suo nuovo azionista, appunto
la Borsa
, che chiede rendimenti a due cifre.
La Fincantieri
, come dimostra tutta
la fase successiva alla riorganizzazione di Guarguaglini, può stare sul
mercato, fare utili e così autofinanziare i suoi programmi di
investimenti e persino nuove acquisizioni,
ma non può e non potrà mai garantire i livelli e la progressione
di redditività che
la Borsa
pretende. Per questo quotare in Borsa Fincantieri significa esporla a un
rischio mortale. Alla fine, a pagare sarebbero i lavoratori.
Per tutte queste ragioni
la Fiom
lancerà a settembre una grande campagna di mobilitazione contro la
privatizzazione e la quotazione in Borsa, che si svolgerà nei cantieri e
nelle sedi, nelle città, e che sarà aperta a tutti coloro che
considerano l’entrata in Borsa un errore strategico e, quindi, vogliono
contrastare questa ipotesi e indurre il governo a non avallare questo
progetto
2.
Il rispetto degli accordi e
l’anticipo della vertenza di gruppo.
Nello stesso documento
la Fim-Cisl
riduce sostanzialmente il problema del rispetto dell’accordo del 2004 al
capitolo della sanità integrativa, proprio quello su cui una commissione
sta lavorando positivamente, mentre trascura aspetti decisivi come gli organici, gli
appalti, il salario, che non vengono neppure nominati.
La cosa più grave è che
la Fim-Cisl
non fa parola della decisione più importante, assunta unitariamente dal
coordinamento Fim, Fiom, Uilm del
21 giugno. All’indomani di un ennesimo incontro negativo con
l’azienda, il coordinamento unitario aveva deciso di anticipare
l’apertura della vertenza di gruppo all’autunno: lo sciopero e le
assemblee del 29 giugno servivano per avere su questo il mandato dei
lavoratori. Mandato che abbiamo avuto.
Senza l’anticipo della
vertenza, anche il confronto preventivo sul nuovo piano industriale di
Fincantieri rischia di tradursi in una inutile rincorsa di scelte
aziendali che sono ormai diventate del tutto unilaterali.
Evidentemente,
la Fim-Cisl
non considera vincolanti le decisioni assunte unitariamente e sulle quali
si è chiesto ai lavoratori di scioperare e si ritiene libera di assumere
orientamenti diversi o addirittura opposti. Di fronte a questo
comportamento la proposta di un incontro con Fiom e Uilm “allo scopo di
definire come procedere unitariamente su tutti i temi” è per lo meno
contraddittoria.
La Fiom
ha già convocato per il 7 e 8
settembre il suo coordinamento nazionale del gruppo Fincantieri per
discutere della nuova situazione che si è determinata e per decidere un
programma di iniziative adeguato ai problemi che abbiamo di fronte.
Roma, 25 luglio 2006
|