Comunicato
del Coordinamento nazionale Fiom Fincantieri No
alla cartolarizzazione di Fincantieri Il coordinamento nazionale Fiom della Fincantieri ha discusso sulle scelte strategiche e sullo stato del gruppo, così come emergono dalla situazione nei cantieri e come sono state presentate dall’azienda nell’incontro del 27 febbraio. Da
questo discussione, che ha cercato di affrontare molti temi, scaturiscono
alcune fondamentali priorità su cui proponiamo di rilanciare
immediatamente l’iniziativa del coordinamento nazionale Fim, Fiom, Uilm
e delle Rsu. La
privatizzazione e L’amministratore delegato conferma il suo progetto di privatizzare Fincantieri, attraverso la quotazione in Borsa e la vendita sul mercato della maggioranza del pacchetto azionario della società. Nelle scorse settimane l’azionista, cioè il governo, ha stoppato l’operazione rinviando qualsiasi decisione a dopo le elezioni. Ma il rinvio non significa che la questione sia accantonata. L’amministratore delegato di Fincantieri ripresenterà il progetto al nuovo governo e, in caso di un parere positivo, già da giugno farebbe scattare la fase operativa allo scopo di entrare in Borsa tra settembre e ottobre. Non
c’è nesso alcuno, quindi, tra l’ingresso in Borsa e la prospettiva
industriale di Fincantieri. Lo scopo dell’operazione è un altro. Quanto
ricavato dalla vendita in Borsa verrebbe incassato quasi totalmente
dall’azionista, mentre solo una piccola parte servirebbe per un aumento
di capitale. La privatizzazione di Fincantieri si annuncia quindi come una
operazione di liquidazione di un patrimonio pubblico per fare cassa, quasi
una “cartolarizzazione”. Di
fronte a queste conferme non c’è nessuna ragione per modificare il
giudizio contrario alla privatizzazione e all’entrata in Borsa che
unitariamente il Coordinamento nazionale Fim Fiom Uilm aveva dato in un
documento dello scorso novembre. Un giudizio contrario che è stato anche
alla base delle assemblee che si sono svolte in tutto il gruppo nel mese
di gennaio: anche i lavoratori hanno immediatamente avvertito i gravi
pericoli per l’unità e l’integrità del gruppo che sono insiti in
questa operazione, a partire dal rischio di uno scorporo dei cantieri
militari e/o, comunque, di un ridimensionamento del gruppo. Adesso
è necessario e anche urgente, dati i tempi previsti per l’entrata in
Borsa, avviare subito un’ampia iniziativa, sia a livello locale che
nazionale, nei confronti di tutti i soggetti politici e istituzionali
coinvolti. Bisogna impedire che una scelta, che avrebbe conseguenze
negative per i lavoratori e che metterebbe a rischio una delle più
importanti industrie manifatturiere del Paese, venga presa nelle segrete
stanze senza neanche un dibattito pubblico. La
vertenza Palermo
Per
quanto concerne l’unità e l’integrità del gruppo, le missioni
produttive e i carichi di lavoro, il coordinamento nazionale Fiom della
Fincantieri ribadisce il carattere emblematico e nazionale della vertenza
in corso sul ruolo del cantiere navale di Palermo. Palermo deve essere un
cantiere come gli altri e non può essere declassato a stabilimento di
supporto ai grandi cantieri del Nord per la costruzione di tronconi di
navi da crociera. Una
rapida e positiva soluzione della vertenza Palermo, che può avvenire solo
con l’acquisizione di nuove navi da costruire, è una priorità
nazionale anche perché in caso contrario la suddivisione tra cantieri di
costruzione e cantieri di supporto potrebbe essere estesa anche nel resto
del gruppo, snaturando il profilo industriale dell’azienda. Rispettare
l’accordo: la priorità sono gli organici
Il
coordinamento nazionale Fiom della Fincantieri sottolinea la necessità di
stringere e di portare a risultati concreti il confronto aperto con
l’azienda sul rispetto dell’accordo di gruppo del 2004. Bisogna,
innanzitutto, ottenere l’applicazione di quanto previsto in materia di
organici e cioè il ripristino del turn over e l’aumento degli organici
a fronte delle nuove commesse che Fincantieri ha già acquisito. La
continua erosione degli organici e la conseguente perdita di
professionalità provocano da un lato il ricorso sempre più sregolato
agli appalti ma, dall’altro lato, mettono a rischio la sicurezza delle
condizioni di lavoro e perfino la stessa capacità industriale di
realizzare il prodotto nei tempi previsti e con la qualità necessaria.
Purtroppo, sono parecchi gli esempi che lo dimostrano. Roma, 24 marzo 2006 |