La sfida della Fincantieri: “ non trattiamo” La lotta sarà più dura Il
coordinamento nazionale Fiom del gruppo Fincantieri, riunito a Roma il 3
ottobre, ha preso in esame lo stato della vertenza e ha deciso le iniziative
necessarie per intensificare la lotta, piegare la resistenza dell’azienda e
conquistare il pre-contratto. Il successo
dello sciopero e della manifestazione a Trieste del 26 settembre segnano una
svolta nella vertenza. I lavoratori non dimenticano il referendum, con il quale
hanno dato al coordinamento Fiom il mandato a trattare, non accettano il rifiuto
di Fincantieri ad aprire il confronto e dimostrano la determinazione assoluta
con cui vogliono ottenere un risultato. Il 26
settembre la Fiom ha lanciato un estremo appello alla trattativa, l’unico modo
per risolvere il conflitto, e ha dato all’azienda una settimana di tempo per
riflettere. La Fincantieri ha ignorato questa richiesta, confermando che non
intende recedere dall’accordo separato. E ha tentato di usare la scorsa
settimana per un’altra provocazione: l’assunzione a Monfalcone di due
lavoratori interinali. Un contrattacco che si è tramutato in una precipitosa
ritirata. La
Fincantieri non riconosce la democrazia sindacale, ignora lo sciopero e la
manifestazione del 26, non riconosce la rappresentatività della Fiom, il
sindacato più rappresentativo. E’ una sfida che non ha precedenti in tutta la
vicenda delle relazioni sindacali nei cantieri navali. La campagna
per i pre-contratti ha ormai assunto una dimensione molto vasta: 300 mila
metalmeccanici hanno chiesto il pre-contratto e più di 30 mila l’hanno già
ottenuto. Firmano imprese multinazionali, aziende di rilievo o che hanno un
ruolo di primo piano in Federmeccanica e in Confindustria. L’assemblea
nazionale dei delegati Fiom delle aziende Finmeccanica ha deciso di estendere le
vertenze per i pre-contratti anche oltre le aziende (Agusta, Alenia Aeronautica,
Ansaldo-Breda) in cui questa decisione è già operativa. E’ falso sostenere
che i lavoratori della Fincantieri sono isolati. La direzione
di Fincantieri scrive la pagina più buia nella storia dei rapporti sindacali,
mentre si presenta sulla stampa italiana e internazionale come una società che
miete successi e realizza grandi profitti. Peccato che ci sia anche l’altra
faccia della medaglia: se Fincantieri non si decide ad acquisire nuove commesse
per i lavoratori verranno tempi difficili. Peccato che l’aumento dei profitti,
che forse è anche superiore a quello indicato nei bilanci, sia stato ottenuto
con la violazione degli accordi sindacali. Gli organici sono più bassi di
quelli concordati; il ricorso agli appalti supera il limite stabilito da leggi e
accordi, la produttività non viene redistribuita ai lavoratori. Questo
spiega perché Fincantieri difende in modo così strenuo l’accordo separato.
Un contratto nazionale che tiene i salari sotto l’inflazione e incrementa la
precarietà è la cornice migliore per un’azienda che pratica la stessa linea:
bassi salari per i suoi dipendenti e precarietà selvaggia per gli appalti. Così si
dimostra anche quanto sia falso il messaggio rassicurante che l’azienda cerca
invece di trasmettere: se rinunciate al pre-contratto vi verremo incontro nella
contrattazione aziendale. Non ci sono due o tre Fincantieri diverse, c’è
un’azienda sola, la stessa che non ha rispettato punti decisivi dell’accordo
aziendale del 2000 e che ha firmato il contratto separato del 7 maggio. Se
questa linea non sarà sconfitta, anche la vertenza aziendale rischia di fare la
stessa fine. Per questo motivo la Fiom considera prioritaria e decisiva la
soluzione della vertenza per il pre-contratto. Fim e Uilm
dovrebbero riflettere. Il taglio delle pensioni, deciso dal governo e appoggiato
dalla Confindustria (che semmai vorrebbe di più), e il decreto ignobile
sull’amianto dovrebbero far capire anche a Fim e Uilm che industriali e
governo fanno solo i loro interessi. Il Patto per l’Italia e gli accordi
separati nei metalmeccanici sono serviti soltanto a rendere governo e
Confindustria più golosi. Tanto che, adesso, possono anche fare a meno di loro.
Contratto, pensioni, amianto. I lavoratori possono ricavare una lezione sola:
tutto ciò che non saremo capaci di difendere con il conflitto, ci sarà tolto. La Fiom e i
lavoratori saranno all’altezza di questa sfida. Se l’azienda continua a non
risponderci, ci costringerà a fare ciò che finora non abbiamo fatto. La
Fincantieri, con la protervia del suo atteggiamento, si assume la responsabilità
di un inasprimento del conflitto. I lavoratori non possono pagare il prezzo
dell’irresponsabilità dell’azienda: non ci faremo trascinare in un
conflitto a tempi lunghi che rischia di logorarci. Per
questi motivi il coordinamento nazionale Fiom ha deciso di intensificare e
sviluppare le iniziative di lotta, compreso l’intervento sulle flessibilità,
al fine di accorciare i tempi e costringere l’azienda a trattare. Inoltre, in
particolare: ·
venerdì 10 ottobre una giornata di mobilitazione nazionale in
tutto il gruppo; con 3 ore di sciopero articolato, cortei interni, il presidio
delle portinerie, per ottenere il blocco totale della produzione in tutti i
cantieri navali; ·
altre 4 ore di sciopero, da effettuare entro il 17 ottobre, con
forme articolatissime e quindi in grado di incidere al massimo sulla produzione; ·
il coordinamento ha deciso di accompagnare questi scioperi con una
iniziativa capillare, in tutti i cantieri, in ogni officina e a bordo delle navi
in costruzione, per il pieno rispetto delle leggi e degli accordi, in
particolare in materia di sicurezza e appalti; · il blocco totale di tutte le forme di lavoro straordinario per aumentare l’efficacia delle altre forme di sciopero.
Il Coordinamento nazionale Fiom del gruppo Fincantieri La
Segreteria nazionale della Fiom Roma, 6
ottobre 2003 |