L’incontro con Fincantieri del 15 aprileLa
valutazione della Fiom Si è svolta
ieri, in Confindustria, la prevista verifica sullo stato di applicazione
dell’accordo Fincantieri del 28 ottobre 2000. La direzione aziendale ha
inoltre fornito alcuni elementi in merito ai carichi di lavoro. Carichi
di lavoro
I
responsabili delle tre direzioni navi hanno illustrato l’attuale portafoglio
ordini, dichiarando che nell’anno in corso, pur con integrazioni produttive
tra stabilimenti, nessun cantiere del gruppo dovrebbe avere vuoti produttivi.
Nel 2004 invece, se in tempi brevi non verranno acquisite nuove commesse, la
situazione diventerebbe problematica per tutto il gruppo e assai critica per
alcuni cantieri: anzitutto Ancona e Palermo, ma anche Sestri e Palazzo
Marineria, e addirittura Monfalcone. Anche il settore militare potrebbe avere
qualche problema se non verrà finanziato anno per anno il programma di
costruzione delle fregate per la Marina militare italiana. L’azienda
non ci ha fornito alcun elemento sulle trattative in corso per l’acquisizione
di nuovi ordini. Ciò rende ancor più seria la situazione: una società con le
caratteristiche di Fincantieri difficilmente può reggere con una programmazione
della produzione così ridotta nel tempo. L’aspetto
più preoccupante riguarda le prospettive di Ancona e di Palermo. Per il
cantiere adriatico l’azienda sta valutando anche una diversa missione
produttiva (nel settore dei mega-yacht per la nautica di lusso) che
sfrutterebbe sinergie con altre aziende locali, ma che rischierebbe di
configurare un declassamento del cantiere dorico. Nello stabilimento siciliano,
invece, Fincantieri sembra riscoprire, dopo averle dismesse alcuni anni fa, le
riparazioni navali. Viceversa queste costituiscono solo una missione aggiuntiva
e integrativa alle costruzioni navali, come è stabilito dall’accordo che
concluse la vertenza Palermo. Entrambe queste ipotesi sono per noi negative. La
costruzione di navi mercantili rimane una componente strategica delle attività
del gruppo. A questo scopo è necessario allargare e rafforzare il meccanismo
temporaneo di difesa stabilito dall’Unione europea contro il dumping della
Corea del Sud, attualmente limitato a tre sole tipologie di nave. Ed è
incredibile che il governo italiano non abbia neppure finanziato questo
meccanismo, che oggi è operante negli altri paesi europei e non in Italia.
Organici
La
direzione di Fincantieri ha definitivamente dichiarato che non intende
rispettare l’impegno assunto con l’accordo di gruppo sull’adeguamento
degli organici. Ciò significa che
l’azienda rifiuta di modificare situazioni, come quelle di Marghera, dove
l’organico è largamente sottodimensionato rispetto all’attuale carico di
lavoro e di conseguenza il ricorso agli appalti ha travolto tutti i limiti, sia
di contratto che di legge. Complessivamente
oggi l’organico del gruppo è inferiore di circa mille unità rispetto agli
impegni assunti per la fine del 2002. E’ vero che l’azienda ha fatto
numerose assunzioni, ma è altrettanto vero che queste, tranne che per il
militare, sono servite solo a compensare le uscite. E’
altresì importante che l’azienda dichiari di rinunciare ai progetti di
esternalizzazione e out-sourcing di alcune attività. Constatiamo, però,
che il turn-over non viene rimpiazzato proprio in quelle stesse attività,
con il rischio che si raggiunga lo stesso risultato con altri mezzi. Appalti
L’azienda
continua a non rispettare l’accordo, che stabilisce che tutti i lavoratori
delle terze ditte abbiano un sistema di timbratura, che permetta il
controllo del loro orario di lavoro. L’estensione
del lavoro in appalto, la crescente frammentazione delle ditte, la comparsa di
forme evidenti di intermediazione di manodopera, non permette il rispetto delle
leggi e degli accordi in materia di orari, diritti e, soprattutto, di tutela
della salute e della sicurezza dei lavoratori. Sulla
questione della “liberatoria”, e cioè del fatto che per passare da
una ditta a un’altra il lavoratore ha bisogno dell’assenso di Fincantieri,
la direzione aziendale, posta di fronte alla nostra richiesta di un
pronunciamento formale sulla fine di questa pratica illegale, ha dichiarato che
“la liberatoria non esiste e non è mai esistita”. Salario
- Oggi l’azienda non riconosce ai
giovani in cfl la quota di produttività consolidata. Già un anno fa
l’azienda aveva dichiarato la sua disponibilità a correggere questa
ingiustizia. Siccome nel frattempo diversi stabilimenti hanno raggiunto e
mantenuto per tre trimestri consecutivi i 35 punti questa contraddizione è
divenuta ancora più eclatante. Nell’incontro di ieri Fincantieri si è riservata di
decidere rispetto a quella che è riconosciuta come un’evidente “anomalia”.
- Viceversa l’azienda continua
a opporre un rifiuto al riconoscimento anche ai giovani in cfl di una quota del
trattamento per la saldatura in CO2, operando una ingiustificabile
discriminazione tra lavoratori che effettuano lo stesso lavoro. - Ma la novità più clamorosa riguarda il rifiuto a discutere del premio di produttività che ha spinto l’azienda fino al ritiro formale della proposta di allungamento della scala avanzata un anno fa. Il sindacato aveva elaborato una controproposta che avrebbe dato un giusto riconoscimento sia ai lavoratori che hanno raggiunto e ormai superato i 35 punti sia ai lavoratori per i quali questo obiettivo si è dimostrato oggettivamente irraggiungibile. Piuttosto che discutere della proposta sindacale, come era tenuta a fare sulla base di quanto previsto dall’accordo, Fincantieri ha preferito sottrarsi al confronto ritirando qualsiasi disponibilità. - Per quanto riguarda il premio
di redditività l’azienda ha comunicato che essendo stato raggiunto
l’obiettivo a luglio verrà erogata la relativa quota di salario.
Con
l’atteggiamento tenuto durante l’incontro e con le risposte date la
direzione di Fincantieri vuole porre fine a una fase di contrattazione con il
sindacato e aprire una nuova fase in cui in realtà l’impresa pretende di
gestire gli accordi sottoscritti a sua completa discrezione. E’, infatti,
evidente che l’accordo del 2000, approvato dalla stragrande maggioranza dei
lavoratori, viene oggi fatto saltare in alcuni suoi punti chiave e nel suo
equilibrio generale. La Fiom
considera estremamente grave questa scelta e sollecita i lavoratori e le Rsu ad
agire da subito negli stabilimenti e nelle sedi, anche con iniziative specifiche
mirate a obiettivi concreti, per rivendicare il nostro diritto al rispetto degli
accordi. Nella
parte finale dell’incontro si è affrontato il tema degli assetti del gruppo e
della privatizzazione. A
nostro giudizio, queste due affermazioni sono in aperta contraddizione. E’
evidente, infatti, che se si sceglie la strada di dividere in due Finmeccanica,
raggruppando da un lato tutte le attività legate alla difesa (Finmeccanica 1) e
dall’altro quelle civili (Finmeccanica 2), diventerebbe comunque problematico
collocare l’intera Fincantieri sia nell’uno che nell’altro gruppo. Fiom-Cgil
nazionale Coordinamento
nazionale Fiom Fincantieri Roma,
16 aprile 2003 |