Intervista
a Gianni Rinaldini segretario nazionale Fiom pubblicata su l'Unità
del 26 settembre 2002
“La forza
del gruppo è nell’integrazione tra i settori militare e civile”. Che i
vertici di Trieste vorrebbero rivedere
Fincantieri
a rischio smembramento
L’allarme di
Rinaldini (Fiom): lo spezzatino mette in pericolo l’occupazione
di Giovanni
Laccabò
Per Fincantieri si apre un futuro problematico. Al Lloyd's List
l'amministratore delegato Giuseppe Bono ha confermato che intenderebbe
scorporare le missioni, nonostante l'avversità del sindacato. I conseguenti
timori hanno fomentato una ridda di indiscrezioni (ieri “il Piccolo” di
Trieste ha parlato di 2.000 posti a rischio) subito smentite dalla direzione, ma
il leader Fiom Gianni Rinaldini ribadisce «le preoccupazioni che abbiamo
percepito e manifestato negli ultimi mesi».
Rinaldini,
quali rischi?
«Per Fincantieri si può aprire un processo analogo ad altri gruppi
industriali, con operazioni di smembramento e spezzettamento. A partire dai
risultati positivi acquisiti negli ultimi anni anche grazie al sindacato,
abbiamo sempre sostenuto che per Fincantieri la prospettiva è l'acquisizione da
parte di Finmeccanica, per consentire l'integrazione tra il settore militare e
quello civile. Ciò è possibile, tanto più che Fincantieri è nell'elenco
delle dismissioni del Dpef».
Invece per
Giuseppe Bono l'unità del gruppo non pare essere un fattore strategico...
«Se dovesse prendere corpo la linea dello spezzettamento si aprirebbe uno
scenario pericoloso: lo smembramento indurrebbe una situazione di crisi in un
settore rilevante».
Bono
ipotizza parziali vendite di azioni, lasciando la golden share al
governo, o alleanze con cantieri europei.
«Ma la Finanziaria non prevede la golden share. In ogni caso
entrambe queste strade puntano allo smembramento, mentre la forza di Fincantieri
risiede proprio nella sua integrazione. Staccando il militare dal civile si
creano le condizioni per mettere a rischio l'occupazione in tutto il gruppo. Del
resto non si capisce per quale ragione l'ipotesi dell'integrazione non venga
sostenuta, mentre Bono arriva a teorizzare che Finmeccanica si debba polarizzare
sul militare, ipotesi che non può essere condivisa perché comporterebbe
ulteriori dismissioni di aziende anche all'interno di Finmeccanica. Inoltre mi
pare singolare che sia Bono ad avanzare simili ipotesi, visto che non è più
lui il presidente di Finmeccanica».
Ma la
"svolta" indica una mutata linea di politica estera?
«Non sono in grado di affermarlo, anche perché non mi risulta che
Finmeccanica l'abbia approvata. È una situazione aperta, con tempi brevi di
soluzione. Noi intanto mettiamo in campo iniziative per arrivare ad un
chiarimento nella direzione da noi auspicata. Stiamo parlando di otto cantieri:
non possiamo accettare che prenda forza un processo di dismissioni e di crisi.
Abbiamo già l'esempio della Fiat, indicativo: indebolire Fincantieri significa
non solo porre le premesse per liquidare un'altra grande impresa manifatturiera,
ma anche far uscire l'Italia dalla cantieristica navale».
Quali sono
state le scelte più censurabili del nuovo vertice?
«Stanno a
Roma in un ufficio di rappresentanza e hanno abbandonato Trieste dove ha sede la
direzione generale. Indebolire Trieste significa indebolire tutto il gruppo, e
inoltre dirigono Fincantieri come se fosse una finanziaria che controlla delle
società operative autonome, mentre Fincantieri è un'azienda. Inoltre, ancora,
non rispettano l'Accordo dell'ottobre 2000 che sancisce unità e integrità del
gruppo, organici, salario, nuovi diritti per i giovani, controllo degli appalti.
Quell'accordo lo considerano un ostacolo ai loro disegni strategici».
Perché il
sindacato insiste sulla integrità del gruppo?
«Perché nel settore navalmeccanico la dimensione è un fattore di forza
industriale: un cantiere da solo non va da nessuna parte. Poi la compresenza di
militare e civile aiuta lo scambio costante di tecnologia e la ricerca, rafforza
la capacità di stare su segmenti diversi del mercato e permette di reggere i
cicli».
Per
contrastare la linea Bono, cosa intende fare la Fiom?
«A Trieste il 10 ottobre è convocata l'assemblea nazionale dei nostri delegati
per fare il punto della situazioni e decidere le iniziative». |