LE DICHIARAZIONI DEI PROTAGONISTI


Vengono di seguito riportate alcune dichiarazioni rilasciate dai protagonisti delle trattative per il rinnovo del Contratto dei metalmeccanici, in occasione della firma sia del contratto dei metalmeccanici a partecipazione statale (9 dicembre) che quello delle aziende private (21 dicembre), riportate dai vari quotidiani.

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Stralcio delle dichiarazioni di Giuseppe Glisenti, presidente dell’Intersind, alla firma del Contratto dei metalmeccanici pubblici. Da Il Sole 24 Ore, 10 dicembre 1969:

«Questo contratto è una sfida che il movimento sindacale lancia agli imprenditori, ma anche a se stesso. La sfida al mondo imprenditoriale è duplice: sul piano economico, si è superato il punto di equilibrio tra aumento della produttività e aumento delle retribuzioni. Perciò la risposta va cercata in uno straordinario accrescimento della produttività e delle redditività delle imprese. L’altra sfida è sul piano dei rapporti tra i diversi livelli della gerarchia aziendale: in un mondo che esige nuove modalità di gestione e partecipazione non c’è da meravigliarsi se si chiedono nuovi metodi di gestione del personale nella vita aziendale. Ma il sindacato lancia la sfida anche a se stesso: forzando i limiti economici del rapporto produttività-salari dovrà decidere se accettare di cooperare con l’imprenditore per accrescere la produzione oppure scegliere la strada della resistenza».

«Le conclusioni del contratto devono essere valutate nella situazione particolare che si è venuta a creare, alimentata da scontentezze per le quali le aziende posso fare ben poco che si chiamano trasporti, casa, scuola, ecc. Eppure esse hanno gravato sull’andamento della trattativa in modo tale che possiamo dire di aver pagato quel di più che dovrebbe compensare i lavoratori per il malcontento verso le loro condizioni di vita. L’industria italiana ha cioè pagato un costo che in altri paesi grava in modo principale sulla collettività».

 

Stralcio delle dichiarazioni di Carlo Donat Cattin, ministro del Lavoro, alla firma del Contratto dei metalmeccanici pubblici. Da Il Sole 24 Ore, 10 dicembre 1969:

«I risultati che sono stati conseguiti corrispondono a linee direttive politiche che il centro di promozione dell’azione sociale del governo, il ministero del Lavoro, ha proposto per il Paese, cioè puntare ad alti salari, ad una riduzione degli orari, perché il progresso tecnologico distribuisca la minore quantità di tempo necessaria per la produzione su una quantità maggiore di lavoratori, e la sistemazione di alcune condizioni particolari tra le quali, importante, è quella nei confronti degli impiegati per il trattamento di malattia e per il trattamento infortunistico. Il carico che il contratto dei metalmeccanici e l’Intersind dà alle imprese è notevole e deve spingere l’imprenditore ad essere più attivo e vivo nello sforzo di ricerca di più alti livelli tecnologici, di maggiore capacità produttiva e di maggiore produttività».

Stralcio delle dichiarazioni di Carlo Donat Cattin, ministro del Lavoro, alla firma del contratto dei metalmeccanici pubblici. Da Avvenire, 10 dicembre 1969:

«Vi è una ripartizione diversa nel reddito che, attraverso il rinnovo dei contratti si realizza, una ripartizione diversa del potere rispetto a un criterio tradizionale che vedeva i lavoratori più soggetti, e altri avere una egemonia sulla scena sociale e quindi su quella politica, ma senza che vi siano vincitori e vinti. E' stato compiuto un passo sulla strada del progresso sociale e democratico».

 

Stralcio delle dichiarazioni di Luigi Macario, segretario generale della Fim-Cisl alla firma del Contratto dei metalmeccanici pubblici, riportata da vari giornali il 10 dicembre 1969:

«Se si confrontano le conclusioni contrattuali con quelle degli anni ’50, pur tenendo conto di situazione economiche diverse, si constata che negli anni ’50 il sindacato aveva ottenuto nei due rinnovi del ’56 e del ’59, un aumento salariale complessivo del 10 per cento e due ore di riduzione dell’orario di lavoro per i soli siderurgici. Nei tre rinnovi dell’ultimo decennio ha ottenuto complessivamente aumenti salariali del 40 per cento, riduzione d’orario da 6 a 8 ore. Inoltre ha conquistato nuovi importanti diritti sindacali cambiando qualitativamente il suo modo di esser nella fabbrica. Con questo rinnovo in particolare si realizza qualcosa che è più che doppio rispetto a quanto realizzato sia nel 1963 che nel 1966».

«Questo è dovuto al superamento dei più gravi motivi che furono alla base della scissione sindacale, al progresso fatto verso l’unità ed al movimento di contestazione, che hanno fatto realizzare una più vasta coscienza di classe come forza dirigente nuova di una società nella quale la lotta allo sfruttamento ed all’autoritarismo diviene il fattore fondamentale di trasformazione. Si tratta ora di lottare non solo contro i pericoli di svuotamento dei risultati sia nelle fabbriche che al livello di sistema, ma per cambiare la condizione operaia risolvendo una serie di problemi e di storture che la rendono subalterna e sfruttata». Da L’Unità 10 dicembre 69

 

Stralcio delle dichiarazioni di Bruno Trentin, segretario generale della Fiom-Cgil, alla firma del Contratto dei metalmeccanici pubblici. Da L’Unità, 10 dicembre 1969:

«L’intesa raggiunta con le aziende a partecipazione statale costituisce, dopo la caduta dell’ipoteca confindustriale sulla contrattazione di fabbrica, un altro grande successo della lotta dei metalmeccanici. Essa sanziona non solo dei miglioramenti salariali e una riduzione dell’orario di lavoro, ma anche nuove e grandi conquiste che per la grande maggioranza dei lavoratori hanno un valore pari ai miglioramenti immediati di carattere economico.»

«E’ una vittoria che appartiene a tutti i metalmeccanici, tanto a quelli delle aziende pubbliche che private. La lotta è entrata davvero nella sua fase finale e i sindacati operai non accetteranno mai un contratto con l’industria privata che non sia equivalente ai risultati sanzionati con l’industria a partecipazione statale.»

«Gli industriali possono prevedere, senza incognite di sorta, il prezzo di un’ulteriore resistenza della Confindustria. Oltre alla determinazione dei sindacati e dei lavoratori metalmeccanici di durare, se occorre per mesi, essi sanno già ormai di dover fare i conti con la solidarietà attiva dell’intero fronte sindacale nelle industrie e nei servizi e con la durezza delle conseguenze non soltanto in termini di sciopero, che ne deriverebbero loro da un Natale senza contratto.»

 

Stralcio delle dichiarazioni di Giorgio Benvenuto , segretario generale della Uilm-Uil, alla firma del Contratto dei metalmeccanici pubblici. Da L’Unità, 10 dicembre 1969:

«L’accordo con l’Intersind è una tappa della lotta unitaria dei metalmeccanici, che ha consentito di realizzare una nuova strategia contrattuale (si è scioperato per il contratto e non per la trattativa) e di far divenire una battaglia contrattuale non un fatto corporativo, ma un grosso fatto sociale e politico che ha investito i problemi della presenza della polizia nelle manifestazioni sindacali, della democratizzazione della Rai-Tv, della eliminazione delle rappresaglia padronali (Italsider e Fiat), della solidarietà dei Comuni e delle Provincie ai lavoratori in lotta».

«Una battaglia che dimostra che la vera unità sindacale si costruisce dal basso attraverso l’esperienza fatta nel corso della lotta di nuovi organismi (comitati unitari di fabbrica, delegati di linea e di reparto) e nuove procedure (consultazioni ed assemblee) che ha consentito ai lavoratori di realizzare un’unità offensiva che ha aggredito gli squilibri e le sperequazioni della nostra società per modificarla e farla evolvere rapidamente attraverso una nuova ripartizione in termini di reddito e di potere tra lavoratori e padroni.»

 

Dopo la firma del contratto dei metalmeccanici privati il 21 dicembre, viene pubblicata dai giornali con accenti diversi, una polemica fra industriali e l’esecutivo, scatenata da due prese di posizione:

La prima di Carpani Glisenti, presidente della delegazione industriale nelle trattative, il quale dichiara che «caratteristica del nuovo contratto è l’onere massiccio che comporta nelle aziende», sostenendo che «va ben oltre i limiti che sarebbero compatibili con lo sviluppo economico del paese e la difesa del potere d’acquisto della moneta».

La seconda, ben più sferzante è di Angelo Costa, presidente della Confindustria che invia una polemica lettera a al presidente del Consiglio Rumor, nella quale allarga la polemica al campo politico e chiama in causa le responsabilità dell’esecutivo. Costa dichiara:

«E’ la liberta sindacale – scrive – che è venuta a mancare. Non vi è libertà sindacale quando è consentito qualsiasi sopruso e violenza in nome di un abuso del diritto di sciopero anche a scapito del diritto al lavoro».

Si rivolge poi alle aziende pubbliche : «Non vi è libertà sindacale quando aziende statali che rappresentano una minoranza nel settore, stipulano e per di più su pressioni politiche, contratti collettivi che rendono praticamente impossibile anche ai sindacati dei lavoratori, di stipulare contratti differenti che pur sarebbero giustificati da differenze obiettive».

E per Donat Cattin: «Non vi è libertà sindacale – scrive Costa – quando il governo, a mezzo del ministro del Lavoro, interviene nella controversia dichiarando di non poter essere imparziale».

 

Carlo Donat Cattin, ministro del Lavoro, esprime un giudizio sulla firma del contratto dei metalmeccanici privati del 21 dicembre e risponde alla lettera di Angelo Costa, riportata dai giornali:

«La grande novità dell’autunno 1969, è consistita nello spostamento decisivo dei rapporti di forze tra imprenditori e lavoratori organizzati, dovuta all’operatività di una sistematica unità d’azione dei sindacati operai. Le ragioni dell’accelerato svolgimento delle vertenze è dovuto all’unità d’azione sindacale e all’opera del governo che ha contribuito a sbloccare i conflitti più aspri, abbreviandone i tempi».

Per quanto riguarda il rilievo mosso da parte imprenditoriale di aver subito un’imposizione, Donat Cattin ritiene che «gli imprenditori hanno mantenuto la massima libertà di contrattazione: in un rapporto di forza è forse mancato lo spirito sportivo necessario e ci si è rifugiati a un giudizio del governo, per poi chiamare imposizione quella che è stata l’opera di composizione di conflitto che poteva avere assai più grave conseguenze continuando troppo a lungo».

In merito alle responsabilità sindacali, dopo aver precisato che «agli operai non è stato regalato nulla per cui non devono promettere di essere buoni e tranquilli», il ministro dice di ritenere che «i sindacati oggi abbiano un alto senso di responsabilità e si rendano conto che l’aspetto da consolidare delle conquiste sia quello economico, sollecitando e sostenendo una politica economica diversa da quella passata».

 

Le dichiarazioni di Fim, Fiom e Uilm alla firma del contratto dei metalmeccanici privati pubblicate. Da Avvenire, 23 dicembre 1969:

La Fim ha dichiarato che «l'accordo apre ai lavoratori grandi speranze e la lotta dei metalmeccanici ha costituito nell'autunno caldo, l'asse attorno al quale si è sviluppato il movimento rivendicativo. Nell’immediato il problema il problema è quello di concordare le direzioni della politica economica, monetaria, creditizia, degli investimenti e dei prezzi perché sia sostenuta nel complesso una politica di intenso sviluppo. Nella fabbrica il problema è di rendere rapidamente operanti i nuovi strumenti di democrazia aziendali conquistati, sia per evitare recuperi basati sulla intensificazione dello sfruttamento anziché su nuove tecnologie produttive, sia per creare un clima di più civile libertà e di rispetto per il lavoratore».

«Una vittoria di grande portata», hanno definito l'accordo i segretari della Fiom Pastorini e Trentin, «l'unità tra i sindacati, che si è fatta tutt'uno con lo sviluppo della più vasta democrazia di base l'ha resa possibile, sconfiggendo tutti i tentativi di divisione e di provocazione che hanno contrassegnato la vertenza in ogni sua tappa». Trentin ha espresso delle riserve sull’accordo, ma ha aggiunto che «è meglio che esse restino per ora nel cassetto». Ha sottolineato come «questa intesa crei le condizioni per garantire ai lavoratori un posto nuovo e più avanzato nella società e nel mondo del lavoro».

Benvenuto della Uilm ha detto che «c'è stata una decisa rottura con il passato con l'azione condotta e le prospettive aperte». Ha dato atto a Donat Cattin «di aver saputo realizzare il suo intervento non da mediatore legato a un ipocrita e impossibile criterio di neutralità, ma come sollecitatore di una politica di rinnovamento della nostra società, che impone a tutti il dovere di scegliere e di decidere, assumendosi tutti le proprie responsabilità».