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4 dicembre 2002 A Roma le donne di Termini Imerese Stamane
a Roma sono arrivate 25 donne del coordinamento Termini Imerese, per protestare
contro la mancata soluzione della trattativa per la crisi Fiat. Sono andate
davanti a palazzo Chigi, con l'intenzione di rimanere fino a che non otterranno
risposte concrete. Abbiamo
chiesto loro alcune opinioni.
Lina Siamo
venute oggi a Roma davanti a palazzo Chigi perché qui si discute la vertenza
Fiat. Fino
a oggi non ci pare che le proposte che vengono messe sul tavolo siano utili, sia
per l'avvenire dell'industria dell'auto a livello nazionale, sia per i singoli
stabilimenti. Prima
ci hanno fatto promesse sul fatto che Termini Imerese non sarebbe stato chiuso,
poi hanno detto che andavamo in cassa integrazione a settembre, poi a dicembre,
ora dicono che a noi in Sicilia darebbero il restyling della Punto, togliendolo
a Mirafiori. Questo
non va bene, per noi queste non sono certezze, solo dei palliativi, forse perché
la situazione di Termini è la più drammatica, forse perché vogliono tenere
buono dal punto di vista sociale questo mondo operaio, che si muove in massa nei
confronti del governo. E non perché questo è un governo di centrodestra, ma in
quanto governo ci deve garantire, tutelare, e fare proposte serie in merito a
questa trattativa. Vogliamo sapere se in Italia possiamo permetterci di perdere
l'industria dell'auto. Non
siamo tecnici, siamo mogli di operai e a nostra volta operaie. Per quello che
riusciamo a capire noi, l'azienda deve fare la sua parte, ma anche questo
governo deve mettere sul tavolo delle proposte serie, per garantire i posti di
lavoro di tutti i lavoratori Fiat e indotto. Tutti, perché è assurdo che
favoriscano uno stabilimento e ne penalizzino un altro. Significa che non ci
sono certezze per il futuro: magari fra sei mesi chiude Mirafiori, fra otto mesi
chiuderà Termini, e poi Arese, e poi Cassino, tutti. Questa cosa non la
possiamo accettare. Chiediamo
l'intervento del governo, a maggior ragione dopo le dichiarazioni di ieri del
ministro Marzano, che ha detto di voler lasciare tutte le porte aperte a questa
trattativa, ci pare che abbia dimostrato una certa disponibilità, però subito
dopo Maroni con le sue dichiarazioni pare smentire le parole di Marzano. Si
devono mettere d'accordo prima su quello che devono dire, visto che sono due
ministri dello stesso governo, perché anche queste dichiarazioni discordanti
accrescono ulteriormente le nostre preoccupazioni. Vogliamo
sensibilizzare l'opinione pubblica, il governo, per dire che siamo preoccupate,
che vogliamo certezze e ci fermeremo solo quando vedremo nero su bianco una
soluzione certa, sicura. Angelina Siamo
qui perché il governo finora non ha fatto niente, dice cose senza senso, che la
Fiat non deve chiudere, ma sono soltanto parole per tenerci calme. Da due mesi
ci sentiamo dire le stesse cose, ma siamo stanche, il governo deve assumersi le
proprie responsabilità, non può permettere che la Fiat decida di chiudere uno
stabilimento, come quello di Termini, dove la disoccupazione è ai massimi
livelli. In
Sicilia lavoro non ce n'è. Il governo non fa niente, ma non deve giocare sulla
pelle degli operai. Mio marito da ieri è a Melfi, all'aperto, sotto la pioggia,
per difendere il proprio posto di lavoro: non chiediamo nient'altro, vogliamo
solo vivere dignitosamente come abbiamo fatto fino a ora e basta. Ho due figli
che studiano: che futuro avranno questi ragazzi? Da noi, se togli la Fiat non
rimane niente, c'è il deserto completo, non ci sono fabbriche, niente, solo la
disoccupazione e poi basta. Dal
5 ottobre facciamo scioperi e dal 15 novembre in fabbrica non è entrato più
nessuno, si fanno presidi davanti alla fabbrica di notte e di giorno, non entra
più nessuno. Da due mesi non prendiamo lo stipendio come dovremmo, questo mese
ci hanno dato cento euro. Cercheremo
di rimanere il più possibile qui a Roma, sperando che magari qualcosa si muova:
siamo ormai alla disperazione totale, siamo stanche. Passeremo qui la notte, non
ci arrenderemo facilmente, anche se dovessimo stare sotto la pioggia, al freddo,
e loro, belli caldi là dentro. Letta
ci ha promesso che ci incontrerà più tardi, perché adesso non c'è.
Aspettiamo. Aspettiamo sempre. |