«Licenziano per vendere»

Claudio Sabattini parla della crisi di oggi e di quella dell'80

P. A.

Sulla crisi della Fiat e sui riflessi industriali in Sicilia, abbiamo intervistato Claudio Sabattini, segretario della Fiom siciliana, un sindacalista che da segretario generale della Fiom e prima ancora da responsabile nazionale del settore auto per la Fiom ha seguito tutto il percorso della Fiat dalla crisi del 1980 a oggi.

Sabattini, come giudichi la crisi attuale e quali sono le similitudini - se ci sono - con l'80?

Quella di oggi è una crisi pesantissima in un settore molto importante che però ha smesso di innovare sul piano soprattutto del prodotto. Una innovazione che implica investimenti giganteschi di fronte a ciò che altri già stanno facendo, come per esempio il motore a idrogeno. Questa mancanza di scelte strategiche della Fiat spiega l'alto indebitamento e la perdita di quote di mercato soprattutto in Italia. E causa di tutto ciò sta solo nella Fiat in quanto tale. Rispetto poi alle similitudini con l'80 a me sembra che ci sia soprattutto una differenza sostanziale tra quella crisi e questa di oggi. Nell'80 la Fiat rilanciava se stessa e si proponeva un ammodernamento e una innovazione tagliando in modo drammatico la forza lavoro. Oggi il presupposto della ristrutturazione è invece quello di poter acquisire la possibilità di vendere Fiat auto in condizioni possibili, dato che oggi è invendibile.

Che cosa succederà ora in Sicilia? Ha un futuro lo stabilimento di Termini Imerese?

Sia per la Sicilia, ma anche più in generale c'è da dire che si tratta della solita operazione senza un filo strategico. Un'operazione funzionale solo a tagliare per diminuire il debito. Credo che d'altra parte a Termini Imerese ciò non avrà nessuna possibilità di verificarsi perché qui si sono riassunti tutti i problemi di quest'ultimo decennio. Semmai il problema vero per la Fiat di Termini Imerese è quello del rilancio strutturale di prodotto e di processo. E' una questione generale che vale per la Sicilia, ma vale per tutto il gruppo e per tutte le realtà di Fiat auto. Non ha alcun futuro il tentativo di affrontare e risolvere la crisi attraverso un durissimo processo di ristrutturazione.

In questi giorni sono state avanzate proposte precise a proposito del ruolo che lo stato italiano dovrebbe avere in questa vicenda. Ci sono state anche proposte di «nazionalizzazione», come quella avanzata per esempio dal segretario di Rifondazione comunista, Fausto Bertinotti. Che cosa ne pensi?

Credo sia prima di tutto interessante dare uno sguardo all'Europa. Ci si accorgerà, valutando lo stato di salute delle industrie automobilistiche degli altri paesi, che gli esempi più positivi, quelli che più hanno saputo reagire alla crisi, sono quelli della Renault e della Volkswagen, due grandi gruppi industriali che sono a capitale misto. Intanto però dobbiamo capire se il piano Fiat serve ad azzerare il debito per facilitare la cessione a General Motors, cioè se serve solo alla famiglia Agnelli, oppure punti a rilanciare sul serio la principale industria italiana partendo dal Mezzogiorno. Questo lo capiremo già oggi a Roma all'incontro con Fiat.